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«Mio figlio non è un falso invalido, basta umiliazioni» Il racconto della famiglia Ferrante

[pullquote_left]Il padre : «Ha una malattia rara. Facciamo 40 mila km l’anno per le cure. Ma la Regione non ci ha ancora pagato gli assegni 2011. Le difficoltà sono ininterrotte, dall’assistente sociale negata alle medicine introvabili» [/pullquote_left]

«Ci vuole molta forza, mi creda, quando la prima cosa che si fa al mattino è infilare i calzini al proprio figlio, che non è in grado di farlo da sé. Non ci si abitua mai». Ferdinando Ferrante, tecnico conciario in pensione, non è rassegnato, è indignato. Legge le notizie dei falsi invalidi, dei tentativi di stroncare un fenomeno ramificato e dai numeri impressionanti. «Sacrosanto – dice – ma chi pensa ai veri invalidi? Alle famiglie che sono costrette all’umiliazione di dover provare, anche dopo anni e anni, di avere diritto all’assegno di accompagnamento, all’assistente, all’insegnante di sostegno?». L’ultima volta, per la famiglia Ferrante di Gambellara, risale al dicembre scorso. L’ufficio legale dell’Inps di Vicenza li aveva convocati per una visita. Scopo, verificare le reali condizioni del figlio minore affetto da una rara malattia genetica, la sindrome di Noonan. «Ma credono davvero che un ragazzo di 19 anni possa essere un falso invalido? Ho inviato un fascicolo di 50 documenti che spiegano la sua storia. E il presidente della commissione mi ha chiamato per scusarsi». Ma non è l’unica battaglia che la famiglia Ferrante ha dovuto sostenere. Forse non sarà nemmeno l’ultima. Qualche mese fa, prima dell’estate, li ha chiamati la direttrice del centro di formazione professionale frequentato dal figlio. «Ci ha detto – spiega Ferdinando – che l’Ulss non aveva più intenzione di pagare l’assistente che accompagna mio figlio nelle sue necessità quotidiane. Una commissione dell’Ulss, aveva deciso che con la maggiore età doveva essere inserito in un Ceod». L’esperienza però non si è rivelata positiva. «Ho fatto presente che quello di avere l’assistente è un diritto, non un’elargizione. Il cambiamento di vita per lui è stato un trauma, e altrettanto per noi che lo vedevamo regredire». Il ragazzo è stato reintegrato a scuola, con l’assistente.   Ma Ferdinando teme che lo aspettino altre battaglie: «Lottiamo da 19 anni. Ricordo ancora quella mattina del 1992, abitavamo a Chiampo. Mia moglie era in ospedale per il parto cesareo, in ascensore incontro il chirurgo che mi batte una mano sulla spalla e mi dice: “Coraggio”. lo resto basito: “Perché, dottore?”. Lui avvampa in volto: “Ma come, non sa nulla?”. No, l’ho scoperto in quel momento». La sindrome di Noonan comporta varie malformazioni fisiche e un ritardo mentale. «Per un anno non è stato seguito per i suoi problemi specifici. Così ci siamo arrangiati». Sono entrati in contatto con l’ospedale S.Orsola-Malpighi di Bologna, specializzato in questi casi, dove sono stati seguiti con molta attenzione. I risultati ci sono, il ragazzo riesce a camminare. Ma le difficoltà sono state ininterrotte: «Un altro esempio. Al Malpighi hanno prescritto un medicinale particolare, tanto che in ogni regione c’è solo un centro abilitato a fornirlo. Ma al distretto sanitario di Montecchio Maggiore, non volevano darmelo e mi rinviavano al Borgo Roma di Verona. Altro litigio, finché non si sono accorti che sulle ricette c’era il timbro del Malpighi». E non è finita. Non è mai finita. I Ferrante aspettano ancora dalla Regione gli assegni del 2011. Proseguono con le terapie e con tutte le attività che possono essere di giovamento al ragazzo. «Facciamo 40 mila chilometri all’anno per lui». «Non voglio dire che la lotta ai falsi invalidi sia sbagliata, anzi. Ma spero che, per rispetto a chi invalido lo è, si perseguano anche i conniventi. Se c’è un falso invalido, c’è anche chi ha chiuso un occhio. Sono forse meno colpevoli?».

Articolo di Gianmaria Pitton